Dillinger Escape Plan

The End Of Silence” (‘92) era il titolo di un ottimo doppio vinile della vecchia Rollins Band, passato alla storia per il livello di brutalità del suono, preannunciato con ironico contrappasso dal titolo. La musica, come tutte le umane cose, è evoluzione: quel livello fu presto sorpassato da epigoni più o meno tardi, chi deciso ad aprire nuove strade, chi a stabilire nuovi record.
I Dillinger Escape Plan, giunti al secondo full-lenght “Miss Machine”, non sono epigoni e non vanno a caccia di record: se il termine sperimentare, spesso abusato, conserva ancora un residuo del suo significato, questa band del New Jersey è impegnata nella ricerca di una feroce alchimia; o meglio, di un’alchimia della ferocia. Un cantato più che rauco e gutturale, linee di chitarra contorte, accelerate e spezzate, un drumming onnipresente costituiscono la base della loro proposta che è difficile catalogare secondo schemi precisi. Grindcore, certo, ma anche metal e industrial sono i termini di riferimento più vicini. E non si può non riconoscere anche un taglio jazzistico della struttura compositiva, o improvvise decelerazioni punk. Dall’esordio omonimo del ‘97 il percorso della band non si segnala per natura prolifica (due lavori in studio, con “Calculating Infinity”, splendido cd del ‘99; e gli ep “Under The Running Board” del ‘98 e “Irony Is A Dead Scene” del ‘02, quest’ultimo in collaborazione con Mike “Faith No More” Patton), né per ricerca del compromesso. Carezzevoli come un pezzo di carta vetrata strofinato su una guancia, assaltano alla gola dalla prima nota e molto di rado allentano la presa: quest’attitudine può essere irritante, ma l’esperimento vale il sacrificio. Superato il primo impatto si entra nel gioco, scoprendo un concetto di musica che, se non nuovo, è quanto di più vicino alla convulsione, allo stress, all’ansia da velocità e iperproduttività che caratterizza i nostri giorni. Colonna sonora ideale di un mal di testa da catena di montaggio, i Dillinger compiono un passo avanti verso la maturità con “Miss Machine”, dove il linguaggio si fa meno scarno e repentini innesti simil-melodici illudono l’orecchio per brevi attimi: la calma prima della tempesta sonora, per così dire. Attorno al duo Ben Weinman (chitarra) – Chris Pennie (batteria), unici superstiti della formazione originale, i nuovi arrivi guidati dal cantante Greg Puciato (un tipo che sembra fare gargarismi con acciaio fuso) aiutano non solo a garantire la continuità con i lavori precedenti ma anche a offrire al gruppo una tavolozza di soluzioni più ampia. La produzione assai curata, anche nella confezione a doppia apertura con dvd aggiuntivo, autorizza il sospetto che da quest’album si attenda un discreto successo, sia pure all’interno del settore. I numeri ci sono tutti, incluso un lungo rodaggio in tour negli anni passati, anche al fianco di gruppi più celebri – e meno cacofonici – come System Of A Down e Mr.Bungle.
N.B. Non è previsto il rimborso dei farmaci contro l’emicrania.