Il governo della Marmotta

A leggere commenti e interviste di questi giorni, sembra che piano piano si stia facendo strada un’idea geniale, che potremmo riassumere così: per uscire dallo stallo occorrono nuove elezioni, ma affinché le elezioni possano dare un risultato diverso, occorre prima cambiare la legge elettorale. Tuttavia, affinché la nuova legge elettorale possa dare un vincitore in grado di governare, occorre prima cambiare la Costituzione, superando il bicameralismo perfetto. Dunque, prima delle elezioni, occorre un governo di responsabilità nazionale che faccia tutte queste cose, altrimenti non c’è voto né legge elettorale maggioritaria che basti, e saremo sempre da capo. Se a questo punto avvertite un senso di spaesamento, e vorreste obiettare che è un dibattito di due anni fa, perché questo era esattamente il programma del governo Renzi sconfitto nel referendum costituzionale del 2016, dobbiamo correggervi: vi sbagliate. Non è un dibattito di due, ma di ventidue anni fa. È come in quel vecchio film in cui Bill Murray si svegliava sempre lo stesso giorno: è il governo della Marmotta. Questo era infatti il programma del governo Maccanico, esecutivo di larghe intese che nel 1996 avrebbe dovuto succedere al governo Dini, che nel 1995 era a sua volta succeduto – sempre come governo di responsabilità nazionale costituito per affrontare le gravi emergenze in corso – al primissimo governo uscito da un voto con sistema maggioritario, alle elezioni del 1994. Quando Luigi Di Maio andava in terza elementare e il capo di quel governo, durato appena nove mesi, era ancora pelato.