Il salotto sano

Ripubblichiamo qui l’intervista rilasciata da Marco Tronchetti Provera ad Alberto Statera, uscita su Repubblica del 23 luglio 2005, nel pieno delle polemiche sulle scalate ad Antonveneta, Banca nazionale del lavoro e Rizzoli-Corriere della sera (il titolo originale era: “«Il salotto buono è sano e non sarà scalato»”; occhiello: “Il numero uno di Pirelli e Telecom ottimista sulle capacità di reagire dell´Azienda Italia. «Ma la politica non ci aiuta a reggere la concorrenza»”; catenaccio: “Tronchetti: non vedo novità nei neoimmobiliaristi, sono solo speculatori”)

Fu il 14 febbraio del 1992 che Leopoldo Pirelli affidò la guida di una Pirelli in difficoltà nelle mani di Marco Tronchetti Provera, oggi presidente di Telecom e vicepresidente della Confindustria. Un “passaggio generazionale” tempestivo e lungimirante rispetto alle sanguinose saghe familiari cui si assiste nelle imprese italiane, che fa oggi di Tronchetti – formato dai Padri Barnabiti e alla Bocconi, taciturno quasi quanto Cuccia – uno degli uomini di passaggio tra il capitalismo delle famiglie e quello ancora senza nome che, nelle odierne peristalsi, sembra in fase nascente.

Dottor Tronchetti, la domanda sarà un po´ marzulliana, ma cosa sta succedendo nel nostro capitalismo?
«Per cominciare, a mio avviso capitalismo è un termine obsoleto».

E come lo chiamerebbe?
«Direi mondo delle imprese».

D´accordo, chiamiamolo come vogliamo, lei lo ha vissuto ai tempi di Cuccia. E oggi?
«Molto è cambiato. Non sono più i tempi in cui le aziende in crisi trovavano ascolto benevolo da Cuccia e Maranghi, che intervenivano organizzando i salvataggi. Oggi Mediobanca è una banca che va molto bene. La transizione è stata gestita al meglio. Gli azionisti rappresentano aziende sane, da Ferrero a Cerutti, da Benetton a Unicredito e Capitalia, fino a Pirelli e a Fiat, che sta operando al meglio per uscire dalla crisi. In generale sono aziende in buona salute, che vanno in Cina, in America, nei Balcani».

Meglio la Mediobanca odierna che quella di Cuccia?
«Cuccia segnò il confine tra pubblico e privato. Con Menichella, Tino, La Malfa e la parte più lungimirante della classe dirigente, cercò di preservare le imprese dall´invadenza della politica e di aiutarle a superare le crisi. Oggi gli azionisti di Mediobanca sono imprese sane e di successo».

E allora quello che la scarsa fantasia giornalistica ha definito per decenni il “salotto buono” del capitalismo italiano, cos´è diventato?
«E´ diventato il salotto sano».

Per questo lei dice che Mediobanca e Rcs sono istituzioni e non sono scalabili, pur essendo con Generali i più appetiti oggetti del desiderio?
«Sia Mediobanca sia Rcs sono difficilmente scalabili perché sono gestite da manager di alto livello, hanno ottimi piani industriali e azionisti importanti».

Il signor Ricucci non la pensa così.
«La Rizzoli-Corriere della Sera, come dicevo, è controllata al 60% da azionisti sani, con un buon management e un buon piano industriale. Poi ci sono gli altri».

Diciamo, dottor Tronchetti, che i newcomers, chiamiamoli così per essere rispettosi, non la inquietano?
«Vedo solo operazioni speculative, azioni comprate a prezzo buono e vendute a prezzo alto. Nessun progetto, né piani industriali. Puri investimenti finanziari. Basta vedere com´è andata nella vicenda Bnl. Gli speculatori dicevano di voler mantenere le loro quote, ma hanno ceduto a Unipol. Sono entrati e usciti con le loro plusvalenze. Naturalmente, tra gli speculatori non comprendo Caltagirone, che è un industriale di cui si conosce la storia imprenditoriale».

E gli altri? Da dove spuntano le loro risorse? Forse dall´estero con lo scudo fiscale?
«Non conosco l´origine di quelle risorse. Ma bisognerebbe saperne di più, soprattutto dopo le note vicende finanziarie che non hanno giovato all´immagine del nostro paese all´estero».

Vanno tassate di più le rendite finanziarie, nel momento in cui si rischia una deindustrializzazione e una finanziarizzazione di questo paese?
«Il tema è attuale e va esaminato bene. Se si esagera si rischia di nuovo la fuga dei capitali, come negli anni passati. Sono soprattutto convinto che bisogna fare una lotta seria all´evasione fiscale, che per quanto riguarda l´Iva è imponente».

E la mitica tutela del risparmio?
«E´ colpevole la politica. La riforma si poteva fare in quattro mesi, se le coalizioni fossero state più coese. Basta guardare i tempi che sono serviti in America dopo gli scandali. Per non dire della legge fallimentare, che credo che risalga al 1942. Non averla aggiornata è un errore non solo dal punto di vista etico, ma anche perché ci rende meno competitivi. Così non sono tutelati i diritti dei fornitori, ma neanche quelli degli stessi falliti».

Lei, dottor Tronchetti, ha tra i suoi soci Gnutti, che, se vogliamo, è il capostipite dei newcomers.
«Gnutti è socio di minoranza di Olimpia con circa il 16%. Con me si è comportato sempre correttamente. Credo che non c´entri nella partita Rcs. Ma se anche fosse, nulla cambierebbe nella volontà di mantenere stabile il Corriere della Sera, che è un punto di riferimento istituzionale».

Nelle scalate di queste settimane a Bnl e Antonveneta vediamo gli stessi protagonisti e il governatore della Banca d´Italia Fazio criticato a livello internazionale.
«Si, il ruolo della Banca d´Italia è in discussione, e questo non fa bene al Paese. La credibilità della Banca d´Italia deve essere recuperata a livello internazionale».

I newcomers hanno abbandonato con una valanga di utili la partita Bnl, ma il via libera a Unipol ha suscitato molte polemiche a sinistra. Rutelli dice che una realtà cooperativa non deve fare simili operazioni.
«Dal punto di vista legale, a quel che mi risulta, non c´è alcun divieto al mondo cooperativo d´intraprendere operazioni finanziarie. Unipol dice di avere un piano industriale di bancassurance. L´importante dunque è che ci siano tre elementi fondamentali: trasparenza assoluta, un serio piano industriale e le risorse per finanziarlo».

Ma c´è una nuova arrembante galassia della “finanza rossa”?
«Credo che tutto il mondo dell´impresa debba avere la capacità di manifestare la priorità dei progetti strategici a supporto del proprio sviluppo. Perciò un sano dialogo tra imprese e politica è augurabile e necessario senza confusione di ruoli».

Ha detto ancora “sano”, ma Prodi, ad esempio, paventa la contiguità tra politica e affari, la “contaminazione” tra finanza e politica.
«Siamo in una fase di transizione confusa, nella quale assistiamo a un´elevata rissosità sia tra coalizioni politiche, sia all´interno di esse, che talvolta produce anche una non sana confusione di ruoli tra soggetti politici ed economici. E´ fondamentale instaurare un dialogo sano e trasparente. Ci vuole un progetto condiviso da tutta la classe dirigente».

Quale?
«Un primo passo sarebbe la capacità vera di “fare sistema”. Un´assoluta necessità per il paese. Non solo i francesi, i tedeschi, gli inglesi ma anche i cinesi, gli svedesi, gli egiziani, ricevono un grande supporto dai rispettivi governi nelle operazioni internazionali».

E il governo presieduto dall´imprenditore Berlusconi?
«Telecom ha avuto da questo governo la piena disponibilità ad essere supportata in Turchia. Ma l´attenzione dovrebbe essere sistematica per favorire il recupero di competitività delle nostre imprese».

Perché non lo è?
«Perché il paese ha bisogno di fatti concreti, a cominciare da un sistema elettorale capace di garantire la formazione di coalizioni omogenee in grado di realizzare un programma condiviso».

Gli imprenditori non hanno colpe nella perdita di competitività?
«Certamente, ma bisogna anche chiedersi perché neanche gli stranieri investono in Italia. Gli imprenditori sono nella tenaglia dei passaggi generazionali, della competizione globale e delle difficoltà della politica. E´ necessario sviluppare più ricerca e innovazione, semplificare norme e burocrazia, garantire adeguate infrastrutture, un fisco equo e una scuola che funzioni».

Una bella lista, dottor Tronchetti. Sarà per questo che il presidente del Consiglio imprenditore, dopo l´illusione di qualche anno fa a Parma, oggi vive la Confindustria e i suoi colleghi imprenditori come oppositori?
«Guai se la Confindustria fosse appiattita sul governo e viceversa. Va evitata ogni confusione di ruoli. Questo è il pilastro delle moderne democrazie».

Alberto Statera