È giunto il momento di chiamare le cose con il loro nome: la flat tax è una misura tecnicamente eversiva del “contratto sociale” edificato nei decenni di democrazia repubblicana. Un contratto, del tutto analogo a quello in vigore in tutti i paesi avanzati europei, che ha come suoi due pilastri, inscindibilmente connessi tra loro, il welfare universalistico e la progressività delle imposte. I numeri non devono ingannare: i contribuenti sopra i 75.000 euro sono “appena” 917.000, cioè il 2,25% del totale, ma il loro contributo alla “cassa comune” dello Stato è sostanziale, e dalle aliquote più alte sui loro redditi proviene più di un quarto di tutte le entrate Irpef. In sostanza, lo smisurato beneficio fiscale che Salvini e Di Maio vogliono dare ai contribuenti più ricchi costerebbe (limitandosi solo alle fasce più alte di reddito e con una stima prudente) almeno 25 miliardi, cosicché per mettere decine di migliaia di euro in tasca al 2,25% più fortunato degli italiani (15.000 euro a chi ne guadagna 110.000, 68.000 euro a chi ne guadagna 300.000 e via crescendo) si colpirebbe in modo irrimediabile il già difficile finanziamento del nostro stato sociale e dei servizi pubblici… continua a leggere
(Huffington Post)