La teocrazia degli onesti

Allacciamo le cinture di sicurezza. Se i programmi di governo disegnano un’idea di futuro, quello immaginato per noi dal contratto tra Lega e Movimento 5 Stelle è un capannone abbandonato di una periferia industriale in un giorno di pioggia. Ci sono solo guardie giurate, e sono pronte a sparare.

Siamo davanti a una radicale svolta conservatrice e securitaria: la mortificazione del parlamentarismo e del ruolo dei partiti, una privatizzazione dell’azione politica in nome dell’efficienza, l’accentramento dei poteri nei leader grazie al vincolo di mandato e uno scivolamento progressivo verso forme di autoritarismo popolari nell’Europa dell’est, il tutto colorato da una forte spinta nazionalista anti-europea e intollerante. È un programma di governo tetro come il paese che immagina, sfiduciato e terrorizzato, un fucile che viene consegnato per proteggere un pezzo di terra. Invece di promettere progresso e diritti – sociali e civili – arma i cittadini perché si difendano da soli. E sceglie la repressione penale come ammortizzatore sociale.

In questi giorni si è parlato delle proposte più radicali che nelle bozze di contratto si sono susseguite, dall’uscita dall’euro alla ridiscussione del debito italiano, dal reddito di cittadinanza al rimpatrio di 500 mila migranti. Ma c’è un filo conduttore che percorre tutto l’accordo tra Lega e M5S: è la riforma della giustizia attraverso la sistematica riduzione dei diritti e delle garanzie. Eppure rimane in secondo piano, forse anche perché, tutto sommato, a molti non dispiace. Più carceri e carceri più dure per tutti, inasprimento delle pene, cancellazione dei benefici penitenziari e dei riti alternativi, allungamento della prescrizione, introduzione di nuovi reati, libertà di difendersi sparando, l’introduzione dell’agente provocatore sono al centro della riforma giudiziaria immaginata dal Frankenstein giallo-verde. Incarcerare, abolire, espellere, eliminare sono il mantra della sintesi giustizialista tra Lega e cinquestelle, in un accordo di governo che riempie sei pagine di giustizia penale, repressione, sicurezza, immigrazione, e ne dedica una sola al lavoro.

Il contratto risponde alla crisi politica, economica e sociale con un governo dei forti contro i deboli, dei privilegiati contro i senza diritti e gli emarginati. E prepariamoci al peggio, perché davanti a una serie di promesse sconclusionate e – si spera – irrealizzabili, la coalizione di governo aprirà subito la principale linea di credito del consenso. In un paese disegnato come sul punto di collassare sotto il peso di minacce ingigantite ad arte, legge e ordine sono concepite come la principale leva di consenso, e se colpiscono i degradati e gli emarginati, e rispondono alla logica giustizialista di questa teocrazia degli onesti che ci apprestiamo a conoscere, il problema non è solo quanti innocenti, quanti capri espiatori, quante minoranze ne faranno le spese, ma quanto tempo dovrà passare prima che qualcuno ci trovi niente da ridire.