Sempre più spesso ritorna nel dibattito pubblico una domanda scabrosa: è lecito – e politicamente produttivo – parlare con l’Islam politico radicale? Domanda politicamente scabrosa proprio perché si pone, dopo l’11 settembre, in termini sempre più manichei. Dunque in un contesto che non può non esasperare la suscettibilità di chi si trova in prima linea, a cominciare da Israele. Il nodo politico che in Medio Oriente si è così aggrovigliato…
Iscritto19 Settembre 2012
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Massimo D’Alema ha sempre suscitato grandi amori e grandi odii. Non deve dunque sorprendere il fatto che il Presidente Ds...
Le ragioni e i confini della sovranità politica sono in tumultuosa trasformazione nel mondo di oggi. Sotto la spinta di fenomeni epocali – raggruppati in modo semplicistico e un po’ ideologico nel termine “globalizzazione” – tali ambiti sono mutati, anche se non tanto in modo formale (i confini degli stati sono sempre quelli) quanto in modo sostanziale e materiale. Esemplificazione massima di questo fenomeno sono appunto le elezioni americane…
Il Medio Oriente, scosso dalle fondamenta nel 2003 dall’intervento in Iraq – oggi al centro dell’attenzione dell’elettorato Usa che si appresta alle elezioni di mid-term del 7 novembre – è in una pericolosissima situazione di stallo: sono stati distrutti gli assetti preesistenti ma non ne sono stati ricostruiti di alternativi sufficientemente robusti. Fermo a mezz’aria, il Medio Oriente deve quindi al più presto riavviare i motori e uscire dallo stallo se non vuole precipitare, appesantito dal carico di crisi che ha a bordo: quella israelo-palestinese, quella arabo-israeliana, lo scontro…
Se il Medio Oriente è in subbuglio, e lo è davvero, questo accade perché sta ridefinendo la propria identità. Del resto, non poteva essere altrimenti, sotto la spinta di una guerra come quella irachena, l’ascesa degli sciiti e la conseguente forza anche elettorale acquisita dall’Islam politico radicale. E nel Medio Oriente definire le identità significa insieme definire i confini. Non solo quelli tra gli stati e tra le etnie…
Come è apparso evidente dai primi passi del Governo Prodi, la questione mediorientale tende sempre più a divenire (anche) una...
Nel rischioso e ancora instabile dopoguerra libanese, la comunità internazionale adesso ha la possibilità di lavorare per cominciare a sciogliere molti dei nodi che soffocano il Medio Oriente, e che si sono venuti aggrovigliando con l’intervento angloamericano in Iraq. Per deficit di potenza, se non per scelta analitica e intellettuale, è infatti di nuovo in voga l’azione politica multilaterale, il concerto delle nazioni fuori e dentro gli organismi internazionali…
A cinque anni da quell’incredibile ed epocale 11 settembre 2001, tutti noi abbiamo visto la nostra stessa vita cambiare e gli spazi pubblici restringersi o addirittura chiudersi. Ciò ha significato un indebolirsi della politica. Il luogo in cui il processo è stato più evidente è quel Medio Oriente da dove tutto partì molti anni prima, con il primo jihad verso l’Afghanistan. Lo è non per una sorta di retribuzione divina, bensì perché vi è stato più concretamente l’errore dell’intervento Usa in Iraq che ha accresciuto le già grandi difficoltà della politica nella regione. Si è trattato infatti di un evento che ha profondamente cambiato il Medio Oriente. Ma non come si aspettava l’Amministrazione Usa…
Dopo l’atroce strage di Qana, dove sono morti 54 civili tra cui decine di bambini, è più difficile, almeno emotivamente, discutere della conferenza di Roma e argomentare del suo sostanziale successo. Anche perché il corso degli avvenimenti sul terreno potrebbe prendere la strada che già prese nel 1996 dopo un’analoga e terribile strage durante l’operazione Grapes of Wrath condotta dall’esercito israeliano contro Hizballah, e finita con il crollo proprio a Qana di un palazzo sede degli osservatori Onu…
Se si vuole fermare una guerra la prima cosa da fare è capire bene le cause che la generano, e quale ruolo hanno gli attori in campo. Dopo avere assistito sgomenti allo scoppio della crisi a Gaza e alla successiva crisi libanese, occorre dunque chiedersi: quali ne sono le cause profonde? La prima cosa da dire, in modo molto semplice, è questa: Israele è la parte offesa. Prima dal rapimento di un soldato nel suo territorio vicino Gaza, poi dal rapimento di altri due, sempre sul suo territorio, ma questa volta vicino al confine libanese…
Le elezioni appena svoltesi in Israele costituiscono a nostro giudizio uno spartiacque tra una seconda repubblica di infinita transizione e una terza, segnata dal ritorno della politica come mezzo per affrontare e risolvere i problemi di fronte al paese. Questo è il big bang innescato e quasi incarnato da Sharon…
Che le cose in Iraq, a tre anni dall’inizio della guerra, non stiano andando secondo le previsioni sta diventando senso comune anche negli Usa. Tanto da cominciare ad avere forti riflessi politici interni. Dapprincipio sono stati gli analisti a registrare la necessità di una svolta: per Kenneth Pollack “la ricostruzione in Iraq non è condannata a fallire, ma l’Amministrazione Bush non ha ancora una strategia che ha probabilità di riuscire”. Nel rapporto, intitolato “Una nuova strategia per l’America in Iraq”, si scrive poi che ci sono “due problemi separati ma interrelati: una insurrezione e uno stato ‘fallito’; gli Stati Uniti hanno devoluto considerevoli energie e risorse a combattere l’insurrezione, ma usando una strategia sbagliata. Comunque ancora più dannoso è stato il fallimento nel ricostruire lo stato iracheno ‘fallito’...