Sebbene le previsioni stilate da osservatori pubblici e privati continuino a indicare permanenti difficoltà delle economie europee sul sentiero dell’uscita dalla crisi, soprattutto per quanto riguarda il basso tasso di occupazione e la crescente disoccupazione giovanile, la quasi totalità dei governi europei sembra essere già passata alla fase successiva. Il settore pubblico – che di questa crisi è stato quasi ovunque vittima sacrificale, dovendosi accollare le enormi perdite dirette e indirette del settore privato…

La forza e il prestigio di un paese risiedono in grande misura – oggi più che mai – nella capacità di partecipare ai processi internazionali di innovazione: nei modelli istituzionali e organizzativi; nell’industria, nelle tecnologie e nella ricerca; nella cultura. La globalizzazione porta con sé, quale apparente paradosso, il nuovo protagonismo dei singoli stati, che si contrappone peraltro alla crisi delle organizzazioni internazionali tradizionali.

Il modello tedesco sembra essere diventato improvvisamente di gran moda, almeno per quanto riguarda le relazioni industriali. Dal Corriere della sera al Messaggero, dalla Stampa al Sole 24 Ore, non c’è editorialista che per sostenitore gli accordi di Mirafiori non porti a esempio la Germania. Persino Matteo Renzi, dovendo in qualche modo argomentare la sua posizione a favore di Sergio Marchionne, l’ha messa così: “In Germania i sindacati hanno fatto accordi intelligenti e il mondo delle auto va alla grande…”

Negli ultimi tempi il modello tedesco è tornato al centro del dibattito pubblico. Una delle sue caratteristiche fondamentali è la codeterminazione nelle imprese con un numero superiore a 500 addetti, che prevede una rappresentanza paritetica dei lavoratori nell’organo in cui si prendono decisioni strategiche e si scelgono i manager che le eseguono. La codeterminazione ha indubbiamente favorito le caratteristiche positive cui si fa spesso riferimento nel dibattito italiano. E ha anche aperto la strada…

Con maggior grazia di quando parlò di apertura dei cancelli dello zoo, ma con analoga arcigna fermezza, Sergio Marchionne ha spiegato domenica sera a Che Tempo Che Fa il piano di sviluppo della Fiat. La sintesi è questa: l’azienda sarebbe perfettamente in grado di prendere a sportellate la concorrenza se non fosse gravata dalla zavorra dell’Italia. Dei due miliardi di utile operativo previsto quest’anno, ha detto Marchionne, non un euro arriva dall’Italia, e in situazioni analoghe…

Un milione di dollari di cauzione più cinque di garanzie collaterali, arresti domiciliari con braccialetto elettronico, vigilanza 24 ore su 24 e deposito dei documenti validi per l’espatrio sembravano non bastare al gran giurì per il rilascio su cauzione di Dominique Strauss-Kahn. I rischi di fuga dell’accusato, ravvisati soltanto tre giorni prima dal giudice di New York, sono però improvvisamente scomparsi giovedì quando DSK, con una lettera di poche righe, ha rimesso il mandato di direttore generale…