In questi giorni si parla con sempre maggiore insistenza di una imminente e decisiva iniziativa istituzionale del presidente della Repubblica che potrebbe cambiare il corso dell’attuale crisi politica. In molti pronosticano elezioni a breve. Tutto, e prima di tutto il buon senso, suggerirebbe alla sinistra di prepararsi alla battaglia finale con Silvio Berlusconi, rimandando ogni altra discussione a tempi migliori. Ma quello che sta accadendo dentro il Partito democratico, dalle primarie di Napoli in poi…
Dopo la grande crisi economica, persino sui giornali italiani si era tornati a parlare di manifattura e di fabbriche, e in tempi più recenti addirittura di operai. Lentamente, il primato della finanza, dei servizi e della comunicazione sulla produzione materiale dei beni era stato rimesso in discussione. E nel dibattito pubblico, come risvegliandosi da un lungo sonno, erano tornati la politica industriale, il conflitto distributivo, le condizioni di lavoro e i diritti dei lavoratori. A rompere definitivamente l’incantesimo…
L’Assemblea nazionale è sospesa. Si farà un’altra volta (o forse in un altro luogo, chissà). È sospeso l’organo che ha competenza in materia di indirizzo della politica nazionale del partito: capo II, articolo 4 dello statuto del Partito democratico. Il Partito democratico è senza indirizzi di politica nazionale (oppure si tiene quelli che c’erano, chissà). Non si è fatto in tempo a scrivere che il risultato delle primarie di domenica arrideva al Pd e al suo segretario, che questi ha pensato bene…
Adesso finalmente è chiaro che cosa resterà di questo quasi-ventennio dominato dalla figura di Silvio Berlusconi. Resterà quello che abbiamo davanti agli occhi in questi giorni di telefonate d’insulti in diretta tv e di menzogna sistematica: tutta la vanità, soltanto la vanità, nient’altro che la vanità. Dopo la campagna condotta contro Gianfranco Fini, dopo l’indegno spettacolo di giornalisti e fotografi del gruppo a vario titolo sguinzagliati alle calcagna degli oppositori e di chiunque infastidisca il capo…
A rendere politicamente insostenibile la posizione di Silvio Berlusconi, questo strano campione della moral majority nostrana, non sono gli spettacolini che fino a ieri si svolgevano nel chiuso delle sue ville, ma lo spettacolo che è oggi davanti a ciascuno di noi: un’interminabile sfilata di prostitute di alto e bassissimo bordo, aspiranti favorite, inconsolabili innamorate che a turno intrattengono l’opinione pubblica mondiale sulle private abitudini del capo del governo italiano…
Ricapitolando, le cose sarebbero andate così: una sedicenne marocchina senza fissa dimora sarebbe riuscita a introdursi più volte in casa del presidente del Consiglio, facendogli credere di avere ventiquattro anni e raccontandogli un sacco di altre balle. Non solo. La stessa ragazza, approfittando vigliaccamente del suo buon cuore, sarebbe riuscita a spillare al nostro primo ministro diverse migliaia di euro. Non solo. Sempre lei, un’adolescente straniera senza fissa dimora, sarebbe riuscita…
Sono vent’anni che una corte di nani e ballerine si muove con alterne fortune sulla scena politica italiana, ed è ancora Rino Formica, che bollò con quest’espressione l’Assemblea nazionale del Psi, nel lontano 1991, a spiegare le cose come stanno: “Immaginate di stare in un salotto in cui non si ha nulla da dire. La serata non può che finire a barzellette, l’unico modo possibile per riempire quel vuoto imbarazzante e far contenti tutti. Ecco, Berlusconi vince alla stessa maniera”. Prima o poi, però, accadrà il contrario…
Non appena il dato sull’affluenza al referendum di Mirafiori è stato comunicato, si è diffusa l’idea che una partecipazione così alta, attorno al 94 per cento, avrebbe ridotto il peso degli estremisti e consegnato una vittoria schiacciante al fronte moderato. Il risultato finale è stato una vittoria del Sì con il 54 per cento, molto inferiore alle attese. Dunque, delle due l’una: o era sbagliata l’idea che l’alta affluenza avrebbe avvantaggiato i moderati, e noi pensiamo di no, oppure c’era qualcosa che non andava…
A volte qualcuno ci domanda: ma perché vi occupate tanto del Partito democratico? Consapevoli di quanto la risposta possa apparire persino provocatoria, replichiamo che ce ne occupiamo tanto, anche criticamente, perché pensiamo sia l’unica cosa seria di cui occuparsi. Dalle sorti del Pd, infatti, non dipendono soltanto le sorti del centrosinistra e dell’opposizione. Come unico partito degno di questo nome ancora in circolazione, tra tanti partiti monopersonali e monouso, dal suo destino dipende…
Apprendiamo da Repubblica che Walter Veltroni chiederà un congresso straordinario del Pd, a meno che non si vada subito alle elezioni. E già questo è un curioso modo di fare: non poteva aspettare un momento, prendersi il tempo necessario per capire come andranno le cose e fare a ragion veduta la sua scelta, e poi comunicarcela chiaramente, senza tanti giri di parole? Il modo in cui questa posizione è argomentata dai suoi sostenitori è però ancor più curioso. Walter Verini dice…
Ci voleva il presidente della Repubblica, l’unico che dallo scontro attorno alla Fiat avrebbe avuto tutte le ragioni per chiamarsi fuori. “Credo che nessuno possa negare che esiste un problema di bassa produttività nel lavoro – ha dichiarato ieri Giorgio Napolitano – però non è una questione legata esclusivamente al rendimento lavorativo delle maestranze. La produttività dipende in larga misura anche dalla innovazione tecnologica, dalle scelte di organizzazione del lavoro…”. Parole chiare e inconfutabili…
Può darsi che le battaglie sindacali di Pomigliano e di Mirafiori sfocino presto o tardi in una deriva estremista. Può darsi che il radicalismo fine a se stesso abbia la meglio sulle buone ragioni di merito dei contestatori, tanto nella Fiom quanto in un’area di sinistra che oggi è fuori dal Parlamento, ma potenzialmente è ben più vasta di quel che si crede. Può darsi che la facile e scivolosa retorica dei diritti prenda la mano ai suoi stessi agitatori. Insomma, può darsi che ce ne pentiremo…