Nel referendum di domenica scorsa, voluto per aumentare i suoi poteri e soprattutto per ottenere il diritto a ricandidarsi come presidente, Hugo Chávez non ha combattuto contro le multinazionali del petrolio, né contro il governo degli Stati Uniti, né contro la ricchissima aristocrazia del suo paese. Contro questi soggetti Chávez avrebbe probabilmente trovato ancora una volta il favore popolare.

Walter Veltroni e Silvio Berlusconi dialogano. E questa, nell’Italia di oggi, è una notizia. Viene in mente il famoso quadro raffigurante una pipa sopra la scritta: “Questa non è una pipa”. Non perché quello tra Veltroni e Berlusconi non sia un dialogo, ma perché non dovrebbe essere una notizia. O almeno non dovrebbe esserlo – per ripetere una citazione che è recentemente tornata di gran moda – in un paese normale.

Per paradossale che possa apparire a prima vista, alla radice delle ricorrenti polemiche sulla casta, i costi e il teatrino della politica sta una certa idea dell’Italia e degli italiani. Può apparire un paradosso, perché quella retorica parte proprio dalla negazione di qualsiasi legame tra popolo e “classe politica”, assolvendo il primo e condannando la seconda: di qua le vittime, di là gli oppressori. Eppure in quella retorica…

Il Partito democratico è stato presentato in questi mesi come il partito della discontinuità e dell’innovazione. Di qui la “nuova politica”, la “nuova Italia” e persino il “nuovo lessico” che il Pd dovrebbe rappresentare, suscitare, inventare. Negli ultimi quindici anni, in effetti, non si direbbe che la politica italiana e il suo lessico siano molto cambiati. Ma la ragione sta anche nel fatto che da quindici anni, in Italia, si può discutere solo di parole.

La prima conseguenza positiva del voto del Senato sulla Finanziaria è che le scadenze temporali si sono allungate almeno un po’. Un governo interamente consegnato alle cronache delle sue giornate parlamentari difficilmente passa alla storia. Ma anche un’opposizione il cui respiro politico non va al di là della prossima votazione e, quando questa non dà gli esiti sperati, non sa fare altro che dare appuntamento alla votazione successiva…

L’idea di un partito senza tessere fa discutere, e molto. Comunque, mentre se ne discute, s’è cominciato già con un partito senza simboli. Un partito senza alberi, fiori, bandiere, croci, scudi o altro genere di arnesi, che avrà anche impiegato molto per scrollarsi di dosso le eredità ideologiche del Novecento, ma che non ci ha messo altrettanto nello sbarazzarsi del ramoscello d’ulivo. Nuova stagione, cambio d’abito…

Ad Arturo Parisi bisogna riconoscere un merito. Ci crede. Anzi, di più: se c’è oggi, nel traballante scenario di fine Seconda Repubblica, un politico ancora guidato dall’Idea, questi è il ministro della Difesa. L’Idea di Parisi è l’Ulivo. Che non necessariamente coincide col Partito democratico. Per molti, infatti, il Pd è (bene o male) il coerente approdo finale di dieci anni di ulivismo politico ed elettorale.

La manifestazione rossa del 20 ottobre è stata bella anche perché non è stata una manifestazione contro Prodi, ma neanche banalmente contro Berlusconi (un bel passo in avanti nella pedagogia politica della piazza di sinistra). Non erano neanche “un milione di no” al protocollo sul welfare, come ammiccava il titolo del Corriere della sera, coloro che hanno sfilato sabato scorso. Quella piazza non era espressione…

Il dibattito che si è aperto dopo le primarie non appare adeguato alla portata storica dell’evento. Da parte di molti sembra prevalere la volontà di piegare il voto del 14 ottobre al tradizionale schema dello scontro tra fazioni che domina la cultura politica del giornalismo italiano. Così facendo tanti commentatori rimuovono il dato della partecipazione di milioni di italiani alla fondazione di un partito politico, e riducono quell’evento…

In attesa dei dati completi e definitivi, è possibile fin d’ora azzardare alcune considerazioni sul voto del 14 ottobre, che ha fatto giustizia di non pochi luoghi comuni sul carattere di queste primarie e sulla natura del Partito democratico. Innanzitutto, appare rilevante il ruolo svolto dai candidati dei collegi nel favorire una partecipazione così ampia. Non a caso, la percentuale dei votanti in rapporto a quella degli elettori…