Non è un caso che in questi vent’anni, dal crollo della Prima Repubblica a oggi, il “modello americano” sia divenuto il vangelo delle nostre classi dirigenti in ogni campo: politico, economico, istituzionale. Il caso irlandese, per esempio, è soltanto l’ultima conferma del parossismo ideologico che ha caratterizzato il nostro dibattito pubblico sul piano della politica economica: quanti autorevoli editorialisti e professori di liberismo ci hanno portato l’Irlanda a esempio, prima della crisi…

Il governo Prodi vive da tempo una sorta di crisi permanente. Il buon esito della trattativa sulle pensioni non cancella questo dato di fatto e non basta nemmeno a nasconderlo, come dimostrano le tensioni che l’accordo continua a generare nell’Unione, conseguenza di un male più profondo che da tempo corrode il centrosinistra. E che non può essere ricondotto semplicemente alla banale formuletta dei “problemi di comunicazione”.

Cara Left Wing, io alla kermesse del Lingotto non c’ero, come non c’ero a sentire Emiliano qui e Orlando là....

Scrivo da un paese che, per la prima volta dalla fondazione della Repubblica, non avrà in parlamento né comunisti né socialisti. Questi ultimi c’erano stati ininterrottamente, se si esclude il ventennio fascista, per più di un secolo. Il voto del 2008 ridisegna il paese e ci costringe a dirci un po’ di cose chiare sullo scarto tra l’Italia com’è e l’Italia come ce la raccontiamo. Indubbiamente, per la sinistra in generale è andata male…

Dopo vent’anni di berlusconismo, seguiti dalla trionfale discesa in campo di Beppe Grillo, nel Partito democratico sembra farsi strada l’idea...

Lo scoglio della proposta presidenzialista attende il Partito democratico sul cammino delle riforme, nel mezzo di una difficile strettoia: da un lato un girotondismo sempre attivo e pronto alla scomunica di qualsiasi dialogo, dall’altro la tentazione di rifuggire da un’attenta disamina della sconfitta elettorale, imboccando la scorciatoia di un accordo a due con il Pdl, per imprimere un indirizzo definitivamente plebiscitario…

Cosa si può dire di un segretario di partito che proponga agli avversari un ambizioso progetto di riforme istituzionali, parlando di occasione storica e non esitando ad aggiungere che il fallimento comporterebbe addirittura “rischi per la democrazia”, e che subito dopo affermi, come se niente fosse, che comunque il suo partito si presenterà alle successive elezioni con un’altra proposta di riforma delle istituzioni e della legge elettorale?