Domenica scorsa, intervistato da Repubblica, Massimo D’Alema ha dichiarato che il dibattito italiano – in merito alla vicenda del sequestro Mastrogiacomo e più in generale ai nostri rapporti con gli Stati Uniti – ha raggiunto livelli imbarazzanti di degrado, confusione e strumentalizzazione. Il ministro degli Esteri ha parlato a riguardo di “ricostruzioni fantasiose, invenzioni e accuse di menzogne che sono offensive e si fondano su una scarsa serietà professionale”. Si riferiva, naturalmente, ai giornali che in questi giorni lo hanno accusato di fare con Washington una sorta di gioco delle tre carte…
Gli eventi bellici in Medio Oriente mettono a nudo molte questioni. Innanzi tutto la debolezza della politica in questa fase storica e il vuoto che lascia, in questo caso riempito dalle armi, in altri dalle contestazioni protestatarie. Si tratta di una questione centrale anche per noi europei, e non solo perché l’Europa subisce l’ennesimo conflitto alle porte di casa senza avere la forza politica di intervenire, salvo per l’importante conferenza sul Libano del prossimo mercoledì a Roma. Ma anche perché questa debolezza della politica, a cui si surroga solo temporaneamente con l’inventiva personale, come nel caso che abbiamo appena citato, investe anche la stessa costruzione europea…
Che le cose in Iraq, a tre anni dall’inizio della guerra, non stiano andando secondo le previsioni sta diventando senso comune anche negli Usa. Tanto da cominciare ad avere forti riflessi politici interni. Dapprincipio sono stati gli analisti a registrare la necessità di una svolta: per Kenneth Pollack “la ricostruzione in Iraq non è condannata a fallire, ma l’Amministrazione Bush non ha ancora una strategia che ha probabilità di riuscire”. Nel rapporto, intitolato “Una nuova strategia per l’America in Iraq”, si scrive poi che ci sono “due problemi separati ma interrelati: una insurrezione e uno stato ‘fallito’; gli Stati Uniti hanno devoluto considerevoli energie e risorse a combattere l’insurrezione, ma usando una strategia sbagliata. Comunque ancora più dannoso è stato il fallimento nel ricostruire lo stato iracheno ‘fallito’...
Raccogliendo qua e là spunti e argomenti, mi sono fatto un’idea abbastanza precisa di chi potrebbe ricoprire l’incarico di presidente della Repubblica con soddisfazione di tutti, e in particolare del Corriere della sera, i cui editoriali prodighi di consigli e ricchi di riflessioni ho tenuto in particolare conto nell’analisi seguente. Non sarà il metodo Ciampi, ma sono sicuro che è comunque un buon metodo per raggiungere sin dalla prima votazione una larga intesa, che vada ben oltre i confini della maggioranza di governo, e abbia il plauso della stampa libera…
Non sono sicuro che si possa al contempo trovarsi al centro di un dibattito e analizzarlo utilmente dal di fuori. A ogni modo io ho abbastanza testardaggine da provarci e i lettori di Left Wing possono giudicare. E allora procediamo. Cominciando per prima cosa con un’ammissione da parte mia: il Corriere della Sera, che ha innescato la tenzone, non ha soltanto utilizzato gli incolpevoli scandinavi e gli ancor più incolpevoli scandinavisti come proiettili di una fionda mediatica puntata contro il centrosinistra…
Napoli, seminario di formazione politica dei Ds. Il mio intervento, da tecnico, è sulla comunicazione in vista della campagna elettorale. Inizio con la metafora dello stadio vuoto di Philip Gould, non nuova a chi segue i ragionamenti sulla comunicazione politica…
No, questa volta non sono d’accordo con Claudio Velardi, con i liberal ds di LibertàEguale, con Emanuele Macaluso. Sul caso Unipol-Consorte, non ci si può fermare al sospetto personale per il conto che il manager della compagnia bolognese aveva alla Bpi, e per questo far questione di principio sul fatto che il vertice del Botteghino deve scaricarlo, perché guadagnare personalmente su compravendite azionarie è riprovevole. E si può invece aprire gli occhi su quanto sta avvenendo…
Il Medio Oriente, scosso dalle fondamenta nel 2003 dall’intervento in Iraq – oggi al centro dell’attenzione dell’elettorato Usa che si appresta alle elezioni di mid-term del 7 novembre – è in una pericolosissima situazione di stallo: sono stati distrutti gli assetti preesistenti ma non ne sono stati ricostruiti di alternativi sufficientemente robusti. Fermo a mezz’aria, il Medio Oriente deve quindi al più presto riavviare i motori e uscire dallo stallo se non vuole precipitare, appesantito dal carico di crisi che ha a bordo: quella israelo-palestinese, quella arabo-israeliana, lo scontro…